1. Carelia Vkontakte@kizhi

L'allegato 1 «La cartina geografica della Carelia»L'allegato 2 «La piantina della vecchia città»L'allegato 3 «L'elenco dei villaggi del distretto di Kiži»L'allegato 4 «La cartina «della collana di Kiži», fonte www.terrakarelia.com il sito ufficiale della regione Carelia consultato il 25.11.2009L'allegato 5 «Terme d'inverno»L'allegato 6 «Terme d'inverno»L'allegato 7 «Terme d'inverno»L'allegato 8 «La cappella durante l'estate»L'allegato 9

a) geografia

Ведь обширен берег Суоми,Широки пределы Саво [1] (35: 351–352) [2] .

E.Lönnrot, Kalevala [3]

La Repubblica di Carelia è uno Stato della Federazione Russa con un sistema di governo repubblicano, sito a nord–ovest della Russia [4] . La superficie totale della Repubblica è di 180.500 km², circa 1,06% del territorio della Federazione Russa, la lunghezza del territorio da nord a sud è di 660 km circa, mentre da ovest ad est, lungo il parallelo della città di Kemi è di circa 424 km. A ovest la Carelia confina con la Finlandia, a sud con le regioni di Leningrado e di Vologda, a nord con quella di Murmansk, a est con la regione di Archangelsk, da nord–est il paese è bagnato dal Mar Bianco. Il confine occidentale della Carelia coincide con il confine di Stato della Federazione Russa con la Finlandia ed ha una lunghezza di circa 798 km [5] .

La Repubblica è abitata da circa 687.500 persone, che non sono distribuite sul territorio in modo omogeneo, infatti la maggior parte della popolazione risiede nella Carelia meridionale. La Repubblica è composta da 16 unità amministrativo–territoriali, 2 distretti urbani, composti da 109 insediamenti (22 urbani e 87 rurali), 13 città e 808 villaggi. La densità media della popolazione è di 4,4 abitanti per km². I residenti in città risultano il 73,8% di tutta la popolazione, una percentuale molto più alta della media russa [6] .

La morfologia attuale del territorio si generò durante tutto il periodo geologico della formazione dello scudo Baltico Cristallino, il territorio è localizzabile nella zona della tajga russa. La maggior parte del territorio si presenta con pianure ondulate di 300–400 metri sul livello di mare e con segni molto evidenti del transito di antichi ghiacciai. Nell'estremità nord–occidentale sono presenti rilievi di 500 e più metri d'altezza, mentre vicino ai laghi, le pianure sono molto ampie ed estese. In Carelia ci sono più di 60.0000 laghi risultando per circa il 25% della superficie ricoperta d'acqua, si calcola che ogni mille abitanti corrispondono circa 130 laghi e circa 2,5 km³ d'acqua, e per ogni 1000 chilometri quadrati di territorio si hanno in media 360 laghi di varia estensione. La Repubblica è percorsa da 27.000 corsi d'acqua, per una lunghezza totale di circa 83.000 chilometri; un simile rapporto della superficie terrestre/acquatica non esiste in nessun altro paese del mondo [7] , tutto ciò ha contribuito alla varietà del territorio, al perenne ricambio fra i boschi e paludi. Per più della metà, il territorio è occupato da foreste, per circa un quinto da paludi. La riserva totale del legname nei boschi di tutte le specie e di tutte le età è composta all'incirca di 800 mln m³. La terra non coltivata corrisponde al 98,8% di tutto il terreno e la superficie delle terre coltivabili è di circa 219 mila ettari, circa il 60% dei terreni coltivati sono situati sulle terre grigie [8] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

La Repubblica di Carelia fa parte dell'area economica a nord della Russia, la sua posizione geografica e geopolitica è veramente unica, e stimola lo sviluppo dei legami sia interni che esterni (soprattutto con la Finlandia ed i paesi della CEE). Inoltre, la Repubblica è in possesso delle infrastrutture necessarie per garantire l'attività economica di esportazione con due moderni punti di controllo doganale. La Carelia è membro ufficiale della Regione Euro–Artico di Barenc e dell'Assemblea delle Regioni Europee [9] .

La Repubblica di Carelia ha nelle sue risorse naturali un considerevole potenziale e la parte principale dell'energia industriale esistente è rivolta all'estrazione e alla lavorazione di tali risorse; nella Repubblica si estrae il 10% circa di tutto il ferro del paese, la produzione della carta è pari al 23%, quella della cellulosa più del 9% e fornisce circa il 4% del legname pregiato [10] .

Il granito di Carelia, il gabbro–diabase ed il marmo locali decorano non poche costruzioni delle città russe e di quelle mondiali. In costante aumento sono le estrazioni di titanio, vanadio, molibdeno e oro, in pieno sviluppo è l'estrazione dei diamanti. In Carelia l'attività industriale è data da 143 imprese fra grandi e medie e da più di 3000 piccole [11] .

Il sistema di trasporto della Repubblica è sufficientemente sviluppato. La distanza tra la capitale Petrozavodsk e Mosca è di circa 925 km, San Pietroburgo dista circa 401 km, e Murmansk circa 1050 km, mentre Helsinki dista solo 703 km. La Repubblica è un elemento chiave della «Via commerciale del nord», che garantisce il transito Estremo Oriente – Siberia meridionale – Urali – Komi – Archangel'sk – Carelia – Scandinavia. Il sistema ferroviario e automobilistico sono ben sviluppati. I trasporti acquatici mercantili e passeggeri avvengono soprattutto tramite il sistema dei laghi più grandi e dei bacini d'acqua, attraverso il mare Bianco ed il Belomorsko–Baltijskij kanal. I fiumi della Repubblica nella maggior parte sono piccoli, non profondi e praticamente non sono navigabili [12] .

L'eredità culturale della zona è molto ricca e varia, gli avi hanno lasciato ai careliani moltissime opere d'arte, di letteratura e di architettura, sono particolarmente famosi byliny e runy. [13] . Qui negli anni sessanta del XIX secolo furono raccolti byliny su eroi leggendari, come Il'ja Muromec, Aleša Popovič, Vol'ga, Mikula Semjaninovič, Sadko, Vasilij Buslaev. E non si può, ovviamente, rimanere indifferenti davanti alle geniali opere dell'architettura in legno dei Mastri Careliani che sono l'orgoglio e il simbolo della Repubblica [14] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

L'ecosistema della regione è particolarmente favorevole agli insediamenti umani e ha una natura particolare ed unica. Sul suo territorio esistono due parchi nazionali («Vodlozerskij» e «Paanajarvi») e altri territori protetti, si vanno sviluppando diversi tipi di turismo come quello acquatico, ecologico, storico–culturale ed ultimamente anche quello internazionale. Funzionano ancora le prime terme russe «Marcial'nye vody» [15] inaugurate da Pietro il Grande. La bellezza severa della Carelia ha ispirato vari pittori, poeti e compositori. In Čajkovskij, Šiškin, Levitan, Kuindži, Vasil'ev e Rerich tale bellezza ha lasciato un segno indelebile che si riflette nelle loro creazioni. La severa natura nordica caratterizza l'uomo careliano: poche parole, indipendente, sicuro delle proprie forze, con un senso della dignità molto sviluppato. La lontananza dal centro del paese ha fatto sì che il governo zarista scegliesse la provincia di Olonec come luogo per gli esuli politici; qui, infatti, nell'estate del 1826 furono mandati in esilio il decabrista F.Glinka, che visse in Carelia fino al 1830 e anche S.Raevskij per aver diffuso la poesia di M.Lermontov «Na smert' poeta». [16]

b) la storia

Старый, верный ВяйнямёйненПроводил покойно времяВ чащах Вяйнёлы зелёных,На полянах Калевалы,Распевал свои он песни,Песни мудрости великой (3: 1–6) [17]

Il territorio della Carelia si liberò dai ghiacci primordiali circa 8.000 anni avanti Cristo, sul territorio vivevano pochi abitanti, raggruppati in piccoli nuclei posti ad enormi distanze l'uno dell'altro, separati dai boschi sconfinati [18] .

Nel periodo della formazione geologica dell'antica Rus' sul territorio della Carelia esisteva già un sistema primitivo di aggregazione umana.[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Nel medioevo il Principato di Carelia (in careliano Varsinais Karjala) fu uno stato che si estendeva sul territorio della attuale Russia, Finlandia e Norvegia. Il principato di Carelia esisteva già dal VII al XI secolo, in seguito la sua parte meridionale divenne, fino al 1338, regione autonoma della Repubblica di Novgorod. Nel XII secolo la parte settentrionale della Carelia, comprensiva degli insediamenti delle tribù Sum' e Em', fu colonizzata dalla Svezia [19] .

Le autorità di Novgorod approfittarono della cristianizzazione della regione, nominata per la prima volta nel 1227, come mezzo di intensificazione della loro influenza [20] . La cristianizzazione della Carelia è legata al nome del principe Jaroslav Vsevolodovič, padre di Aleksandr Nevskij. La sua non fu una crociata religiosa, come poteva essere invece quella degli occupanti svedesi in Finlandia o quelli tedeschi sul Baltico, visto che il principe non vi partecipò personalmente; furono inviati infatti un elevato numero dei sacerdoti e monaci che riuscirono in un periodo relativamente breve a convertire al cristianesimo una cospicua parte della popolazione. Fu così che il 1227 si può considerare come data di inizio dell'attività e di influenza della Chiesa Ortodossa nella regione di Priladož'e della Carelia facente già definitivamente parte dell'episcopato della Novgorod [21] .

Le esigenze politiche ed economiche della Novgorod portarono allo sviluppo di attività come caccia, pesca marina e lacustre , salinatura e mestieri artigianali, soprattutto fabbri. Nei secoli XIV–XV si formarono i cosiddetti Pogost tra cui Olonec, Pudoga, Povenec, Suma e Vytegor [22] . Il pogost era l'unita amministrativa principale dello stato della Novgorod. Nello stesso periodo, a seguito della costruzione di chiese per mezzo di offerte dei fedeli, in tutti i pogost cominciavano a formarsi parrocchie. All'inizio del XVII secolo, secondo le cronache dell'epoca, in Carelia c'erano 42 pogost, 77 parrocchie (e quindi altrettante chiese), 35 cappelle e 35 monasteri indipendenti [23] .

Nel XV secolo la chiesa della Novgorod era proprietaria di un elevato numero di terre in Carelia. Ad esempio, alla famosa posadnica [24] Marfa Boreckaja [25] appartenevano più di 700 villaggi, dei quali 29 si trovavano nel Pogost di Kiži. Nel XV secolo la maggior parte dei villaggi dei pogost del Zaonež'e era formata soltanto da una–due aie, in questo modo i grandi apprezzamenti di terra si coltivavano con le forze di una sola famiglia patriarcale, che poteva essere composta da una trentina di persone [26] .

Dal 1478 Novgorod fu annessa allo Stato Moscovita e le terre di Kiži, insieme agli abitanti, furono date in proprietà allo zar. Gli abitanti del Zaonež'e hanno dovuto sopportare diverse vicissitudini storico – politiche e portare sulle proprie spalle pesi tante volte insopportabili per moltissimi anni. A metà del XVII secolo il governo diede ai contadini l'incombenza di difendere i propri villaggi e le terre limitrofe dalle mire espansionistiche degli svedesi, così l'agricoltore divenne «il contadino–militare». Morirono in migliaia, caduti per difendere i loro campi [27] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Nel XVII secolo la Carelia fu parte della Svezia e all'amministrazione russa solo nel 1721 in seguito al trattato di Nystad [28] .

Alla fine del XVII secolo nel Zaonežie iniziò a svilupparsi l'industria, furono costruiti i primi stabilimenti metallurgici e siderurgici, aumentò velocemente anche la fondazione di nuovi monasteri, assunse potere particolare il monastero delle Solovki. Nel XVI–XVII secolo sul territorio della Carelia cominciò il periodo di fioritura dell'architettura in legno. Uno sviluppo ulteriore ricevette l'iconografia, diversi laboratori artigianali fornivano le icone alle chiese, ai monasteri e alla popolazione [29] .

La Grande guerra del Nord diede una forte spinta allo sviluppo industriale della Carelia, furono costruiti vari stabilimenti industriali, il più grande dei quali si chiamava Petrovskij, fondato nel 1703. Accanto ad esso si sviluppò la borgata Petrovskaja, più tardi conosciuta come città di Petrozavodsk [30] . Dal 1784 la città divenne centro del distretto di Olonec. Il primo sindaco della città fu il famoso poeta russo Gavrila Deržavin. [31]

Lo sviluppo dell'industria e la nascita della metallurgia costrinse, alla fine del XVII secolo, ai lavori forzati i contadini, con obbligo, per questi, di lavoro presso gli stabilimenti industriali e conseguente abbandono dell'agricoltura. Il 6 aprile 1695 vi fu un'insurrezione popolare dei contadini nei dintorni di Kiži che «organizzarono una rivolta vicino alla Chiesa della Trasfigurazione…si riunirono arrivando dai villaggi con i bastoni e le picche [32] ”. Il capo della rivolta dei contadini che si rifiutarono di obbedire all'ordine delle autorità di lavorare in fabbrica, fu il посадский человеk [33] Grigorij Timofeev [34] . L'anno seguente, nel 1696, con l'intervento degli strel'cy (la guardia imperiale) la rivolta fu domata, e gli abitanti della zona di Kiži furono costretti a lavorare presso gli stabilimenti. Ma lo spirito di libertà del popolo non fu soffocato, le campane delle chiese di Kiži suonarono di nuovo a martello negli anni 1769–1771. Gli abitanti furono gli iniziatori della più grande insurrezione della Carelia, con a capo Klim Sobolev. Contro le oppressioni del governo, sempre a causa dei lavori negli stabilimenti metallurgici, insorsero i cittadini dei villaggi russi, careliani e vepsiani. Durante le sueme, le affollate riunioni locali, si scrivevano documenti in cui veniva richiesta la liberazione dei contadini dall'obbligo di lavoro presso gli stabilimenti. Fu Caterina II, che in tutta risposta, nell'aprile del 1771 emanò il decreto «Sulla sedazione dei disordini avvenuti tra i contadini adibiti alle fabbriche di Olonec» nel quale minacciava: «Кто из крестьян после данного милостивого увещевания не придёт в рабское повиновение, то будет признан за бунтовщика и возмутителя и понесёт наказание [35] («Chi dei contadini dopo codesto di Sua Maestà ammonimento non si sottometterà al servaggio, sarà riconosciuto come ribelle e agitatore e verrà punito»). Ma le minacce non ebbero effetto. I contadini si schieravano apertamente contro la guardia imperiale, e solo il 1 giugno 1771 si riuscì, facendo uso delle armi, a piegare l'opposizione degli insorti; e anche se nel XIX secolo nel Zaonež'e non ci furono più grandi rivolte popolari, lo spirito di libertà dei contadini restò forte. [36]

Alla fine del XIX secolo, con l'ulteriore sviluppo industriale della regione, furono costruite decine di fabbriche di legname, dotate dei migliori macchinari d'epoca, cosa che portò alla crescita vertiginosa del disboscamento [37] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Il governo sovietico si insediò nella regione dal novembre 1917 al marzo 1918 e l'8 giugno 1920 fu costituita La Kommuna dei Lavoratori della Carelia, che il 25 luglio 1923 assunse la denominazione di Repubblica Autonoma Sovietica Socialistica di Carelia, facente parte della Repubblica Sovietica Federale Socialistica della Russia.

Il 31 marzo 1940 la Carelia ricevette un nuovo status e divenne la sedicesima Repubblica Sovietica, quella Carelo–Finnica, il suo territorio, in seguito alla guerra con la Finlandia, si espanse grazie alle nuove terre conquistate che furono annesse all'Urss, insieme ai vari stabilimenti industriali ed ai centri abitati.

Durante la Seconda Guerra Mondiale furono occupati i 2/3 del territorio della Repubblica che comprendevano l'83% della produzione industriale e alla fine del 1944 la Carelia fu liberata; il 16 luglio 1956 le fu restituito lo status di Repubblica Autonoma [38] .

I cambiamenti radicali avvenuti nell'ex Unione Sovietica alla fine degli anni Ottanta hanno interessato anche la Carelia; la Repubblica fu la prima fra quelle Autonome a dichiarare la propria sovranità. Dal 13 novembre 1991 la regione porta il nome della Repubblica di Carelia, ora soggetto a pieni poteri della Federazione Russa , con una propria Costituzione e leggi in conformità al mandato stabilito dalle Costituzioni della Russia e della Repubblica di Carelia [39] .

c) Petrozavodsk

Petrozavodsk (in russo Петрозаводск, in careliano, finlandese, vepsian Petroskoj), città di 136 km², è la capitale della Repubblica di Carelia. È situata a nord–ovest della Russia e sorge sulla riva occidentale del Lago Onega [40] , che è il secondo lago d'Europa, in ordine di grandezza, dopo il Lago Ladoga, con una superficie di circa 9.890 km² , è esteso da nord a sud per 248 km circa con una larghezza quasi 90 km, e una profondità massima di 110 m. Nel lago affluiscono le acque di oltre 40 fiumi e ne esce uno solo, lo Svir' che affluisce nel lago Ladoga. [41] Petrozavodsk è il più grande centro della Repubblica di Carelia, ha una popolazione di 282.500 persone (2009) [42] , vanta un centro di preparazione dei quadri di alta qualificazione, ha una forte potenzialità scientifica ed intellettuale: vi sono l'Università Statale di Petrozavodsk, l'Università Statale Careliana di pedagogia, il Centro scientifico careliano, le filiali dell'università di Mosca e di S an Pietroburgo, CNR, varie scuole di specializzazione [43] .

Sul territorio di Petrozavodsk sono situati 31 antichi centri abitati, il più antico dei quali risale a circa 8.000 anni fa.

Nel XVI secolo, in questa zona, sorse un piccolo centro che più tardi prese il nome di Solomennoe (dal careliano salmi che significa «stretto» ) e nel 1679 un altro centro denominato Sulažskij Počinok. Nella prima metà del XX secolo il primo venne trasformato nella borgata Solomennoe e insieme all'altro, entrarono, nei primi anni trenta a far parte di Petrozavodsk.

Questa città fu fondata grazie allo sviluppo di una fabbrica di armi alla foce del fiume Lososinka nello stesso anno della fondazione della capitale del nord, San Pietroburgo [44] .

Lo stabilimento statale, chiamato originariamente Šujskij (dal 1712 Petrovskij) fu impiantato il 29 agosto 1703, mentre il sito di produzione fu individuato nel 1702 da una spedizione speciale, inviata appositamente «per i campi di minerali “ in Carelia. Il territorio degli impianti fu fortificato da un bastione di terra sul quale furono posizionati dei cannoni, così lo stabilimento fu trasformato in una fortezza, che avrebbe dovuto essere in grado di difendersi da sé in caso di attacco degli svedesi. Nel dicembre 1703 l'impianto fu sottoposto ad un saggio di produzione e, fin dall'inizio del 1704, quattro altiforni lavoravano già a pieno regime, ben presto divenne la più grande fabbrica di armamenti in Russia. L'impianto fu più volte visitato personalmente dallo zar Pietro I. Per lui qui fu costruito un palazzo a due piani in legno, uno stagno e una cappella da campo, intorno al palazzo furono piantati degli alberi e nei pressi costruita la chiesa di San Pietro e Paolo sormontata da un'alta guglia [45] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Fin dall'inizio della costruzione, attorno alla fabbrica, si fondò una colonia di residenti provenienti da Tula; ogni giorno la fabbrica impiegava fino a 800 persone. La domanda di lavoro, con il passare del tempo, aumentava vertiginosamente e la popolazione degli insediamenti cresceva ogni anno: nel 1717 la città contava già 3 mila abitanti. Nel 1721, con la vittoria della Guerra del Nord, il bisogno di armamenti diminuì e lo stabilimento cominciò a fabbricare stagno, chiodi, tubi per le fontane, ancore e cavi per la costruzione di San Pietroburgo e per la flotta del Baltico. Nel 1734 la produzione metallurgica dello stabilimento cessò, e per diversi decenni, la vita nel villaggio rimase silenziosa [46] .

Con lo scoppio della guerra con la Turchia, aumentò la richiesta di nuove armi, per cui il governo, si ricordò di nuovo della fabbrica Petrovskij. Il decreto dell'imperatrice Caterina per la costruzione dello stabilimento centrale fu firmato nel settembre 1772; a maggio dell'anno successivo fu installato un nuovo impianto per la fabbricazione di cannoni e nel giugno 1774, nel giorno di San Pietro, l'impianto già testò le prime produzioni. Ben presto esso diventò il migliore per le attrezzature tecniche, il livello di tecnologia e la qualità del prodotto, prova di ciò è che, proprio qui nel 1788 fu costruita la prima ferrovia della Russia.

Con la costruzione del nuovo impianto la cittadina si espanse e divenne una città a tutti gli effetti, Caterina II lo decretò il 21 marzo 1777:

«Повелеваем. Олонецкой области Петрозаводскую слободу переименовать городом, назвав оный Петрозаводск, которому и быть на основании прочих Новгородского наместничества новых городов [47] ».

(«Ordiniamo. Il sobborgo Petrozavodsk della provincia di Olonec rinominare città, chiamando la suddetta Petrozavodsk, quale deve essere sulla base delle altre nuove città del governatorato»). [48]

Petrozavodsk si sviluppava insieme alla fabbrica (rinominata in Aleksandr dall'imperatrice) e dalla metà del secolo XIX sull'alta riva sinistra del Lososinka sorsero nuove case per i funzionari e gli ingegneri. Gli operai vivevano in casermaggi nei pressi della fabbrica, ed i capi operai di «buona condotta» furono autorizzati a costruire le loro dimore nel distretto della fabbrica chiamato poi Golikovka. Lo studioso e scrittore finlandese Elias Lönnrot, visitando Petrozavodsk nel 1841, lasciò queste impressioni sulla città: «La città nelle sue dimensioni è la stessa di due terzi di Helsinki, con strade molto ampie e belle case in legno. L'impianto è così grande che si presenta come una seconda città [49] ».[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Una linea di trasporto marittimo civile tra Petrozavodsk e San Pietroburgo fu inaugurata nel 1860, mentre la comunicazione telegrafica con la capitale ed i centri di quartiere fu stabilita nel 1870. All'inizio del XX secolo nella città fu installato un centralino telefonico con 50 numeri. La ferrovia da Pietrogrado a Murmansk attraversò la città nel 1915 [50] .

Il 2 ottobre1941 la città fu occupata dai finlandesi dell'Esercito Careliano rinominato Äänislinna (che significa «Fortezza di Onega», più di recente, una variazione di «Enislinna», «Eenislinna»). A Petrozavodsk nacquero e agirono gli organi di amministrazione militare dei territori del settore orientale della Carelia occupati dalla Finlandia. Il 14 ottobre 1941 a Čeboksary fu fondato il primo di 7 campi di concentramento finlandese durante la seconda guerra mondiale, nel quale furono reclusi i russi delle classi 1891–1924.

Nel 1944, con un aumento della pressione militare delle truppe dell'Armata Rossa, l'esercito finlandese (Aunuksen ryhmä), quasi senza combattere, si ritirò oltre il confine sovietico–finlandese istituito dal Trattato di Tartu nel 1920; l'Armata Rossa entrò nella città il 28 giugno 1944 [51] .

Petrozavodsk è una delle poche città in cui attualmente ci sono ancora parti di edifici del XIX secolo. Lo studio degli edifici residenziali in legno ha avuto inizio negli anni 70 del secolo scorso e in base alle rilevazioni di 300 unità nei registri, ne furono segnalate 32 di maggior interesse storico e architettonico. L'organizzazione del rione di edifici storici tra le strade di Kujbyšev, Fedosov, piccola Sloboda e la riva del fiume Neglinka [52] fu inserita nel piano generale di sviluppo di Petrozavodsk a partire dal 1970. Agli inizi degli anni 90 alla rinascita del quartiere, il Consiglio comunale ha collegato anche il museo – parco naturale «Kiži» [53] . Petrozavodsk dista dall'isola di Kiži 60 km, un aliscafo impiega circa un'ora e mezza per il collegamento. [54]

Oggi il museo – parco naturale «Kiži» si propone nel mercato dei servizi turistici in Carelia, non solo come un centro visite primario del turismo internazionale sull'isola di Kiži, ma anche come centro sociale e culturale della città, che testimonia la ricca storia e la cultura della capitale della Repubblica di Carelia; il distretto di Kiži è una zona centrale sull'isola di Kiži, che unisce i villaggi circostanti.[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

La caratteristica principale di Kiži e delle zone limitrofe è quella di avere un gran numero di isole, che si considerano loro stesse un paese, ed il cui numero superava in alcuni periodi, il centinaio. Il principale mezzo di trasporto tra gli insediamenti costieri è quello navale.

Il ricercatore russo A. F. Bordžynskij ha scritto nelle sue note di viaggio: «… non ho visto nulla di più pittoresco, popolare e divertente che della zona di Kiži nella provincia di Olonec; è una sorta di Zaonežskaja Iliade. Qui, in una piccola area di terreno, sono riuniti insieme: isole pittoresche, terreno fertile, bella gente, … natura variopinta e sorridente [55] » [56] .

Vari monumenti, in particolare cappelle, che originariamente erano situate nei villaggi circostanti a Kiži, sono note fin dal XVI secolo, e sono denominate le cappelle della «collana di Kiži». Questo straordinario insieme di cappelle è stato edificato gradualmente nel corso dei secoli XVIII–XIX [57] .

Nel quarto capitolo tratteremo di Kiži in modo più dettagliato; intanto vorrei accennare qualcosa sulla sua storia. La storia di Kiži comincia dai tempi in cui queste terre erano abitate dalle popolazioni finniche: Careliani e Vepsy. [58] Già dal XV secolo su questa piccola isola del lago Onega si trovava Spasskij Kižskij Pogost, che riuniva 130 villaggi adiacenti, situati sulle isolette limitrofe e sulla penisola del Zaonež'e. Nel 1714 qui è stata edificata la Chiesa della Trasfigurazione che ha rappresentato una straordinaria innovazione nell'architettura russa di legno e che ha portato a Kiži fama mondiale. Anche se essa fu costruita nell'epoca di Pietro il Grande, la chiesa è strettamente legata alle tradizioni dell'architettura di legno del periodo precedente. Cinque anni prima, nel 1708, nel villaggio di Anchimove, vicino la città di Vytegra fu costruita la Chiesa dell'Intercessione della Vergine con 24 cupole, la struttura della quale fu praticamente ripetuta, probabilmente dagli stessi architetti, che più tardi realizzarono la chiesa di Kiži. Purtroppo, la Chiesa dell'Intercessione della Vergine del villaggio di Anchimove non si è conservata fino ai giorni nostri: bruciò infatti nel 1962. Kiži è l'effetto di un'opera geniale. Narra una leggenda popolare che la Chiesa della Trasfigurazione sia stata costruita «senza un chiodo». In realtà, nella sua costruzione sono stati utilizzati diversi chiodi di ferro lavorato, con i quali sono stati uniti i pezzi di legno del frontone доски–причелины [59] ; il decoro interno della chiesa, comunque, è andato perduto durante la seconda Guerra Mondiale [60] .

Anche se la pianificazione urbanistica del Pogost di Kiži al primo sguardo può sembrare casuale, visto che non ha uno schema geometrico ben definito, tuttavia più lo si guarda con attenzione e più ci si convince che nessun edificio potrebbe essere spostato di un metro né a destra, né a sinistra. La composizione degli edifici si distingue per il suo senso di rara libertà e per l'asimmetria spontanea, così caratteristica delle opere di alto profilo artistico. Nessun edificio interferisce, o ripete l'altro, tutti sono ben visibili da ogni posizione, sia separatamente che nell'insieme, e ognuno di essi sottolinea e mette in risalto l'originalità dell'altro [61] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Queste agili strutture del Pogost di Kiži si vedono lontano da chilometri. Si dice che a suo tempo esse servivano da faro per i contadini dei villaggi adiacenti che si recavano a messa sull'isola. Nonostante la loro differenti misure ed età, le strutture sono, nel loro contesto, molto armoniose [62] .

1.c.1.Le prime terme russe. [63]

In Russia, come nei paesi occidentali, le proprietà curative delle acque delle diverse fonti sono state a lungo usate nella medicina popolare. Le sorgenti Sergievskie nel Caucaso si usano da tempo immemorabile per curare malattie croniche . Nel Nord della Russia si utilizzavano le famose sorgenti di Kargopol', Totma, Grjazovec ed altri luoghi per i bagni terapeutici nel Mar Bianco.

Le informazioni circa le proprietà curative delle sorgenti – «pozzi» – spesso sono accompagnate da credenze pagane sul potere magico dell'acqua.

V. Ganander, studioso di mitologia finlandese, descrive nel suo libro La mitologia finlandese una sorgente nel nord della Carelia denominata «la pietra d'oro» come uno dei posti attualmente più frequentati . Della stessa fonte E.Lönnrot scrive nel suo diario:[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

la fonte è situata sul bordo della palude, la sua caratteristica è il fatto «che non si congela mai e la neve si scioglie sempre intorno a essa1 …»

A quanto pare, le acque ferrose della palude che non si congelavano neanche in inverno, hanno da tempo attirato l'attenzione degli agricoltori locali a causa dei loro poteri speciali, e venivano usate per scopi medicinali. In Carelia sono noti molti casi di costruzione di cappelle in prossimità dei «pozzi» che godevano di speciale notorietà [64] .

In Russia l'industria delle terme cominciò a svilupparsi solo all'epoca di Pietro Il Grande, si svilupparono località già note e si scoprirono nuove sorgenti termali.

La storia delle terme «Marcial'nye vody» ha inizio nel XVIII secolo. A quell'epoca il trattamento di molte malattie con l'acqua termale minerale era una delle tecniche più avanzate. Per poter usufruire delle proprietà terapeutiche dell'acqua, bisognava affrontare lunghi viaggi per arrivare alle fonti più famose dell'Europa occidentale. Per questo motivo Pietro I si attivò per far ricercare fonti di acqua minerale in Russia e la tanto attesa apertura delle prime terme russe «Marcial'nye vody» fu fatta proprio nel territorio della Repubblica di Carelia.

Il luogo, è situato a circa cinquanta chilometri di distanza da Petrozavodsk, vicino alle acque trasparenti del lago Gabozera, la sua scoperta si deve a un operaio dello stabilimento dell'altoforno Končezerskij, Ivan Rjaboev, che nell'inverno del 1714 trovò una meravigliosa fonte di guarigione al dolore del cuore. A quell'epoca l'operaio, non più in grado di fare i lavori pesanti , fu inviato ad ispezionare il trasporto dei minerali di ferro, e così, secondo la leggenda, trovò la sorgente che non gelava neanche durante l'inverno, ne bevve l'acqua per tre giorni e grazie a questa guarì completamente. Della sua miracolosa guarigione Ivan ne parlò al direttore dello stabilimento, che a sua volta lo riportò al Comandante di Olonec V. Gennin che, essendo a conoscenza del decreto di Pietro I, scrisse una lettera su questa fonte portentosa al suo diretto superiore gerarchico, l'ammiraglio F.Apraksin , chiedendo di segnalarne la scoperta allo zar [65] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Nell'ottobre 1717, Pietro I inviò in Carelia il proprio medico personale con lo scopo di esaminare la sorgente, quest'acqua piena di ferro, che in onore del dio Marte fu chiamata «marzia», era in grado di guarire anemia, scorbuto, malattie cardiache e problemi al fegato, reumatismi ed altro ancora. Già la madre del primo Romanov, Michail Fedorovič, si curò con queste acque che le permisero di partorire un figlio, il cui nipote fu proprio Pietro il Grande. [66]

Il 20 marzo 1719 Pietro I emise il decreto di apertura delle terme ed il regolamento per l'utilizzo dell'acqua «marzia», in calce a questo regolamento vi erano le raccomandazioni per i pazienti che utilizzavano le acque ferrose delle terme. Forse, i medici Blumentrost [67] (o Šober [68] ), modificarono le raccomandazioni delle terme occidentali per applicarle alle prime terme della Russia (tuttavia, queste stesse regole si applicavano anche alla sorgente di Lipeck). Dal 1719 iniziò una promozione attiva del trattamento " con le acque» tramite il primo quotidiano «Vedomosti», che fu, come è noto, redatto dallo stesso zar . Così la popolarità delle terme di Olonec crebbe a dismisura.

Uno degli stranieri che all'epoca vivevano in Russia, H. Weber, riferisce quanto segue nei suoi scritti: «… quest'acqua aiutò molti dei malati lì presenti, e poi molti altri, e persino lo zar (…) la sorgente di Olonec ha una tale fama che ora è diventata una panacea in Russia, ed attrae i pazienti da tutte le parti e luoghi della Russia [69] ».

Anzi, durante la guerra con la Svezia, lo zar, conoscendo le proprietà antibatteriche dello шунгит [70] , rocce dalle quali sorgono le famose acque, obbligò ogni soldato della propria armata a bere l'acqua soltanto dopo aver messo nella tazza un pezzo di шунгит. In questo modo l'esercito evitò una epidemia di infezione gastrointestinale e conservò la propria forza combattiva [71] .

Quasi subito iniziò la costruzione di numerosi edifici, per l'imperatore e la sua famiglia furono ricostruiti tre palazzi di legno. Al di sopra della fonte dove veniva attinta l'acqua per la famiglia reale e per i cortigiani, fu edificata una struttura in legno intagliato. Lo stesso zar, per ben quattro volte, visitò le terme di acqua «marzia», nel 1719, 1720, 1722 e 1724. Nel 1720 egli diede l'ordine di costruire una chiesa dedicata all'apostolo Pietro, ne curò personalmente il progetto, indicando le misure ed il luogo di costruzione, la chiesa fu terminata nel 1721 [72] e venne denominata Petrovskaja. Per essa fu appositamente ordinata l'icona di S.Pietro e altre raffiguranti l'episodio evangelico del suo sprofondamento nelle acque. Fatto molto simbolico, visto che lo stesso Pietro il Grande subì per ben due volte il rischio di sciagura nelle acque del Mar Bianco e del lago Onega, e fu miracolosamente salvato. A questi due episodi se ne aggiunge un terzo, legato alle acque, e cioè la guarigione dello zar grazie alle acque «marzie» [73] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Dopo la morte di Pietro I le terme andarono in decadimento anche a causa della loro lontananza, diventarono fatiscenti e sul luogo dove sorgevano fu edificato il villaggio Palazzi [74] .

Intorno al 1770, A.S.Jarcov, direttore del nuovo stabilimento di Aleksandr costruito nel 1774, decise di riprendere l'estrazione di minerali, e una volta ricevuta l'autorizzazione alla demolizione da parte delle autorità, nel 1780, diede l'ordine di demolire completamente la struttura e, a quanto pare, rimosse anche la fonte. L'etnografo locale T.V. Balandin ha scritto nel 1786 su questo argomento:

«Минеральных вод гремящая славаЕсть Петрозаводску немалая награда,Хоть тень забвения покрыла ея силу,Землей подавило и засорило жилы,Но слава ея целительных сил в книгах гремит,Хоть иссякнет колодезь, но славы не затмит,Ибо начертан великой рукоюИ прославлен монаршей хвалою».

Fino ad oggi, dai tempi di Pietro, di tutti gli edifici nella località di acqua «marzia» si è conservata solo la chiesa in legno di San Pietro [75] . È opinione diffusa che la chiesa si sia conservata intatta nel suo profilo originale, ma la verità è un'altra: durante i restauri del 1753, nella parte superiore dell'edificio, fu collocata una cella campanaria di legno (in precedenza le due campane della chiesa si trovarono appese su un palo non lontano che, col tempo, diventò fatiscente) [76] .

Alla fine del XVIII secolo la popolarità delle terme ebbe un calo, ma gli abitanti del luogo continuarono ad utilizzare la sorgente di acqua minerale «marzia».[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

A metà del XIX secolo sui terreni delle terme, oltre alla chiesa, esistevano soltanto altre tre case; nel 1858, in occasione della visita da parte dell'imperatore Alessandro II, sulla sorgente fu costruito un gazebo nello stile «orientale», con sommo dispiacere dell'imperatore per la perdita di palazzo del Pietro I [77] .

Un nuovo e cospicuo interesse degli scienziati per le acque «marzie» ferrose si manifestò soltanto in epoca sovietica, quando furono organizzate spedizioni per lo studio delle acque, una nuova rinascita delle terme dell'acqua «marzia» avvenne nel 1964. La vicinanza di sorgenti di solfato di ferro, fonti di idrocarburi, e fango di solfuro di sapropel crearono condizioni uniche per il trattamento; ora qui si trova una pensione, dove grazie all'acqua «marzia» ferrosa si curano diverse malattie [78] .

In conclusione si può riassumere che il complesso delle prime terme russe Marcial'nye vody, costruito nel primo quarto del XVIII secolo, non subì cambiamenti notevoli nei trent'anni a seguire. Nel 1770 il palazzo dello zar fu distrutto ed il pozzo dell'acqua minerale spostato di 20 sažen' per consentire la realizzazione dello stabilimento per l'estrazione di minerali naturali. Per fortuna, non ci fu completa distruzione del complesso, la chiesa Petrovskaja fu conservata, anche grazie ai periodici lavori di restauro, il più importante dei quali si concluse con la santificazione della chiesa il 20 marzo 1832 [79] .

d) Vepsy

Вопрос о взаимодействии руси ичуди, о том, как оба племени,встретившись, подействовали друг надруга, что одно племя заимствовало удругого и что передало другому,принадлежит к числу любопытных итрудных вопросов нашей истории.

В.О.Ключевский, Курс русской истории [80]

I Vepsy sono uno dei popoli indigeni della Russia nord–occidentale del gruppo ugro–finnico della famiglia uralica, si insediarono nella parte sud–orientale della Russia nel territorio situato tra i tre grandi laghi del Nord – l'Onega, il Ladoga ed il Bianco (regione di Mežozer'ja). Attualmente questo popolo vive sulla riva sud–occidentale del lago Onega (la diocesi Nazionale dei Vepsy della Repubblica di Carelia), nelle aree contigue della regione di Leningrado e nella regione nord–occidentali di Vologda1. Prima del 1917 i Vepsy ufficialmente si denominavano čud'. Nel linguaggio di tutti i giorni si usava anche il nome russo «čuchari» (che spesso ha una connotazione sdegnosamente peggiorativa ).

Esistono tre gruppi etnici di Vepsy:

La stragrande maggioranza di questi gruppi autoctoni erano agricoltori, ma altrettanto importante per l'economia erano i lavori artigianali stagionali che essi svolgevano su vetro, cuoio, stagno e pietra, ma anche lavori di carpenteria e muratura. Molti furono impiegati nella lavorazione del legname, nell'estrazione e lavorazione della pietra e della ceramica, nella tessitura e nella realizzazione di prodotti di corteccia di betulla ma anche come bottai e sellai. La caccia, la pesca, la raccolta di bacche e di funghi hanno sempre dato un enorme contributo economico alle famiglie contadine, una parte del raccolto si portava al mercato locale di Petrozavodsk, Vytegra, Lodejnoe Pole, San Pietroburgo e alle grandi fiere della Russia [81] .

Prima di convertirsi al cristianesimo, i popoli slavi erano pagani; inizialmente veneravano le diverse forze della natura, poi, con lo sviluppo dei vari culti, un vastissimo numero di divinità, fino ad arrivare al Dio Perun. Nel nome dei molteplici dei venivano innalzati templi in cui venivano effettuati i sacrifici. Il culto degli avi e della loro rappresentazione dell'anima è riflesso ancora oggi nei riti funebri e in varie ricorrenze. Il fatto trova conferma nel ritrovamento di reperti archeologici funebri rinvenuti negli antichi cimiteri del Priladož'e [82] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Il paganesimo, con il trascorrere del tempo, non poté più reggere la «concorrenza» del cristianesimo. La chiesa ortodossa russa fin dai propri inizi aveva una larga base materiale per il proprio sviluppo. Per il mantenimento del clero, il principe Vladimir usò anche fondi personali, e dalla fine del XI secolo fu imposta una nuova tassa che divenne ben presto un peso insostenibile per la popolazione. È certo che già nel 1071 un certo Jan Vyšatič, un «popin», sacerdote, faceva parte del seguito di un raccoglitore del dazio in Belozer'e [83] .

Sempre qui, sulle terre di Ves', nel XI secolo comparvero le prime chiese ortodosse. All'inizio del XII secolo l'attività missionaria della chiesa di Novgorod si estese fino al versante sud del lago Ladoga. La città di Ladoga divenne non solo un importante centro economico di zona, ma anche religioso, dove durante quello stesso secolo vennero edificate diverse chiese, compresa la chiesa in pietra di San Giorgio, conservata fino ai giorni nostri [84] .

La struttura tribale delle società primitive delle popolazioni Ves' e Čjud' che abitavano i pogost di Obonež'e fu così spazzata via definitivamente proprio a causa dell'influenza economica e spirituale del cristianesimo.

Il cristianesimo si diffuse in Finlandia, nelle terre delle tribù di Em' e Sum' già dalla metà del XII secolo, cioè prima dell'occupazione svedese. La conferma di ciò è, indubbiamente, il fatto che la lingua finlandese ha dei toponimi di origine cristiana e una serie dei termini religiosi e clericali derivati dall'antico russo [85] .

1.d.1. Genesi e Storia

Пел дела времён минувших,Пел вещей происхожденье,Что теперь ни малым детям,Ни героям непонятно (3:9–12) [86] .

Attualmente gli studiosi non possono risolvere definitivamente la questione della genesi dell'etnia Vepsy; si ritiene che l'origine Vepsy sia da riferirsi alle altre popolazioni balto – finniche che si isolarono da loro, probabilmente nella seconda metà del primo millennio d. C. e che entro la fine del millennio si stabilirono nella parte sud–orientale di Ladoga. [87]

Le loro prime tracce storiche sembrano risalire al IV secolo d.C., quando compaiono in alcune cronache dello storico Giordane con il nome di Vas o Vasina; la tradizione storica araba, a partire da Ibn Fadlan (X secolo) menziona l'etnonimo Visu. Altre fonti russe a partire dal XI secolo li chiamano Ves'. Le cronache e le vite dei santi menzionano il nome degli antichi VepsyČud' [88] .

I Vepsy vissero dalla fine del primo millennio, tra il lago Onega e il lago Ladoga (loro principale territorio etnico) , spostandosi poi gradualmente verso est. Alcuni di loro lasciarono il territorio natio per unirsi ad altri gruppi etnici, ad esempio, nel XII–XV secolo i Vepsy penetrarono nelle zone a nord del fiume Svir ed entrarono a far parte dell'etnia careliana. La migrazione dei Vepsy nel nord–est – in Obonež'e e Zavoloč' - portò alla comparsa di nuovi gruppi etnici denominati dalle fonti storiche russe con il nome Čud' Zavoločskaja. Invece nei documenti letterari scandinavi e anglosassoni questi stessi gruppi venivano chiamati Biarmia. Il più orientale di questi gruppi partecipò alla formazione del Komi occidentale, gli altri furono assimilati nella colonizzazione slava [89] .

La maggior parte dei Vepsy visse entro i confini delle terre dell'Obonež'e adiacenti alla Novgorod fino alla terza decade del XV secolo, in seguito all'annessione di Novgorod a Mosca, i Vepsy furono inclusi tra i contadini statali. All'inizio del XVIII secolo i Vepsy furono occupati nelle fabbriche metallurgiche e di armi di Olonec (Petrovskie).[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Negli anni 20, nonostante la compattezza della residenza, l'area di insediamento fu divisa amministrativamente tra le regioni di Olonec e Novgorod, poi nel 1924, tra la Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Carelia, e nella regione di Leningrado e quella di Vologda. La divisione ebbe un impatto negativo sulla formazione della coscienza nazionale e fu uno dei principali ostacoli alla creazione dell'unita autonoma territoriale dei Vepsy. Nel 1927, nella Repubblica Socialista Sovietica Autonoma di Carelia fu creato il distretto Šeltozero e nel 1931 nella regione di Leningrado – l'area nazionale di Vinnyca [90] .

Nel 1931 fu introdotta la lingua scritta Vepsian, e dal 1932 nei villaggi della regione di Leningrado l'insegnamento nelle scuole elementari fu condotto nella lingua madre. Pochi anni dopo, su richiesta della stessa popolazione, la formazione nel distretto Šeltozero KASSR fu condotta in lingua Vepsian, e in questa lingua cominciò ad essere pubblicata la letteratura e la stampa, cosa che innalzò il livello della coscienza nazionale del popolo. La maggiore espansione demografica della popolazione Vepsy, circa 35 mila, fu raggiunta nel 1930. Alla fine di quello stesso anno cominciò l'insegnamento della lingua Vepsy nella scuola primaria e comparvero libri in lingua Vepsian basata sull'alfabeto latino.

Alla fine del 1937 si ridussero tutte le attività del nazionalismo vepsiano, ci fu una forte repressione e vennero deportati buona parte degli intellettuali locali, tra cui gli autori di libri di testo. L'istruzione nelle scuole riprese con l'uso della lingua russa, la letteratura in Vepsian subì un notevole contraccolpo. Il distretto nazionale di Vinnyca ed i consigli rurali persero lo status di nazione autonoma. Si perseguì volutamente una politica di assimilazione forzata da parte dell'autorità sovietica [91] .

In quello stesso anno il territorio etnico di Vepsy sulle montagne Vepsovskie fu diviso tra le regioni di Leningrado e le regioni di Vologda, e nello stesso tempo fu eliminato il distretto nazionale di Vinnyca, così il territorio del reinsediamento tradizionale dei Vepsy fu diviso e incluso in varie entità amministrative e territoriali. La terra nella regione di Leningrado fu divisa in quattro aree: Podporožskij, Lodejnopolskij, Tichvin e Boksitogorsk, e quella di Vologda in due: Vytegorskij e Babaevskij; con il risultato, che, durante la liquidazione dei villaggi cosiddetti «inutili», ossia quelli vepsiani, che erano marginali, furono condannati per primi all'eliminazione e al reinsediamento. [92] Nel 1957 fu abolito il distretto di Šeltozero in Carelia, vi furono anche tentativi di trasferimento di massa [93] . Dal 1953 al 1958 dalla regione di Vologda fu completamente esiliata la popolazione di sei consigli rurali di etnia Vepsy (circa 6 mila persone) [94] .

I processi di assimilazione da parte dell'Unione Sovietica in Carelia avevano un corso più mite, il distretto nazionale di Šeltozero fu abolito nel 1956 e il suo territorio fu completamente incorporato in una zona di Prionež'e. L'amministrazione della Carelia era più leale dal punto di vista nazionale, nel determinare e stabilire, nei documenti ufficiali vepsian, la nazionalità Vepsy. Tuttavia, l'eliminazione dei villaggi, la migrazione urbana e l'alto numero di matrimoni interetnici contribuirono alla riduzione costante del numero dei Vepsy nella Repubblica: si passò da 7.100 abitanti nel 1959 ai 4.700 nel 1994. L'identità etnica dei Vepsy fu sottoposta a una fortissima pressione psicologica, anche sotto forma di rifiuto, da parte delle autorità, di fissare la etnia Vepsy nei documenti ufficiali. In primo luogo, nella regione di Vologda, e poi in quella di Leningrado furono dichiarati «inesistenti» poiché nelle statistiche ufficiali e nei censimenti del 1970 e del 1979 li censirono come russi. Allo stesso tempo, nella coscienza comune dei Vepsy si formò un senso di mancanza di prestigio della nazionalità Vepsy, e come conseguenza, secondo i dati ufficiali, negli anni '70 nelle regioni di Leningrado e Vologda, i Vepsy «scomparvero» dalla loro patria originaria [95] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Alla fine degli anni ottanta, a causa della frammentazione territoriale, aggravata dai dissesto delle vie di comunicazione, il legame socio–economico ed etnico fra i Vepsy, come anche l'interscambio culturale, che esisteva da secoli, furono interrotti; molti villaggi e città si spopolarono, si rafforzò la tendenza allo spopolamento progressivo del gruppo etnico ed i Vepsy finirono sull'orlo dell'estinzione [96] . Nel 1989 [97] i Vepsy erano già 12.142 e, secondo il censimento del 2002 [98] , solo 8.240 persone, di cui 4.870 abitanti in Carelia [99] .

1.d.2. Il museo di Šeltozero

Старый, верный Вяйнямёйнен,Вековечный прорицатель,Строил лодку заклинаньем (16:101–103) [100] .

Un quarto di secolo fa un appassionato storico locale, R.P.Lonin ebbe l'idea di creare un museo storico ed etnografico dei Vepsy nel villaggio Šeltozero nell'omonimo distretto. Grazie ai suoi sforzi fu completata la prima collezione di pezzi unici della storia, della cultura e della vita quotidiana dei Vepsy. Il museo non aveva posti di stoccaggio per la conservazione dei fondi, non effettuava il trattamento scientifico dei reperti, non veniva effettuata la loro analisi e il restauro, ma c'era una gran voglia di mostrare le ricchezze raccolte. Proprio questo portò alla creazione della prima mostra di cultura Vepsy a Šeltozero, che con il tempo è diventato un evento di rilievo, nella pratica del lavoro dei musei della Carelia, pur non potendo, un'esposizione del genere, soddisfare un visitatore esigente [101] .

Alla fine degli anni Settanta si è posta la questione della fondazione dell'attuale moderno museo etnografico. Durante l'estate del 1991 la sua esposizione è stata riveduta, ora viene ospitata in una casa a due piani con un soppalco, un monumento di architettura Vepsy in legno dell'inizio del XIX secolo, già di proprietà di un imprenditore. I dipendenti del laboratorio di restauro hanno completamente ristrutturato la costruzione e gli edifici annessi, e hanno riprogettato la parte residenziale della casa tenendo conto della disposizione dell'esposizione nel museo. Il progetto architettonico artistico del museo è stato eseguito dal pittore D.F.Učuvatkin [102] .[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Il Museo Etnografico dei Vepsy [103] è diviso in tre grandi sezioni tematiche: «Storia, vita ed economia dei Vepsy del Prionež'e», «Interno di una capanna di contadini alla fine del XIX – inizio XX secolo» e «L'aia»; inoltre, in seguito, è stata qui instaurata una mostra dal titolo «La cultura dei Vepsy moderni».

Va notato che nell'esposizione sono stati utilizzati anche oggetti e documenti del Museo Statale Regionale della Carelia di Petrozavodsk, compresi i materiali delle collezioni archeologiche.

Insieme allo sviluppo delle tradizioni etnico–culturali, nel XIX secolo c'è stato un ulteriore approfondimento delle varie relazioni culturali, il loro riavvicinamento è stato facilitato dalla diffusa rete di scuole pubbliche [104] .

Nella religione popolare dei Vepsy si rilevano tracce dell'antico culto per gli animali, uccelli e pesci. Come altri popoli, essi adoravano l'orso e, a un insieme di credenze, è stata associata anche all'adorazione del luccio, si venerava anche il bosco : dall'ontano (l'alno) si producevano i bastoni per gli stregoni, che li utilizzavano durante i matrimoni e altre cerimonie religiose. Per proteggersi dal «malocchio» e dalle disgrazie, così come nel trattamento delle malattie i Vepsy ricorrevano non solo ai riti magici, ma anche al potere delle parole, cioè agli scongiuri. Nell'esposizione è presentata una copia di un compendio di esorcismi, trascritti nel linguaggio Vepsian con la traslitterazione in russo del XVIII secolo [105] .

Per costruire ed arredare le proprie dimore i Vepsy davano molta importanza ai segni di scaramanzia. Secondo le credenze popolari, non si poteva costruire una casa su una strada perché portava il padrone alla morte; quando si posava la prima pietra della casa, sotto i suoi angoli si nascondevano monete d'argento o di rame.[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Era un buon auspicio, se il trasloco in una nuova casa avveniva durante la fase di luna piena. Inaugurando una nuova casa, i proprietari portavano con sé legno di betulla dalla vecchia casa, «per un vivere più caldo e più ricco.»

Tra i Vepsy è ancora ampiamente diffusa la convinzione che colui che per primo inizia a vivere in una casa nuova, per primo morirà, quindi prima di traslocare nella nuova casa, si lascia lì un gatto per una notte intera, mentre i proprietari vi entrano solo il giorno successivo [106] .

Ma forse una delle sezioni più interessanti dell'esposizione del museo è «l'aia», la si può raggiungere salendo al secondo piano della casa passando attraverso una piccola galleria.

Uno dei temi principali di questa sezione è l'agricoltura. Per un lungo periodo nell'agricoltura dei Vepsy prevaleva l'avvicendamento triennale delle culture agricole. Ampiamente si usava подcечно–мотыжное хозяйство [107] , questo metodo di coltivazione è il più antico sul territorio dei Vepsy. Nell'esposizione si possono ammirare gli antichi attrezzi per la coltivazione della terra a mano e in aratura, tra cui l'aratro con il vomere, gli attrezzi per la mietitura e la trebbiatura del grano. Il settore dell'allevamento aveva importanza altrettanto rilevante. Da tempi immemorabili si allevavano razze locali di bovini: le basse mucche senza corna che davano fino a due litri di latte al giorno.

Interessanti sono anche gli oggetti quotidiani di un pastore del villaggio: un corno fatto di corteccia di betulla, un paiolo di rame e teiera, un recipiente per il sale di corteccia di betulla, un corno con i disegni di simboli rituali.[текст с сайта музея-заповедника "Кижи": http://kizhi.karelia.ru]

Sin dai tempi più antichi i Vepsy usavano ampiamente nella vita quotidiana la corteccia di betulla, con la corteccia coprivano il fondo della fossa per la conservazione del pesce, coprivano i tetti di case, avvolgevano i vasi di creta screpolati e ne producevano pure per articoli per la casa.

Purtroppo, oggi sono state quasi completamente perdute nell'architettura le caratteristiche nazionali dei Vepsy, pertanto, la creazione del museo etnografico di Vepsy è uno dei tentativi di preservare la cultura materiale e spirituale di questo popolo [108] .

// La regione della Carelia e l'isola Kiži
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